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Mi chiamo Carla COLOMBO, sono una pittrice e scrivo di poesia, ma, poichè amo tanto l'arte , oltre al mio sito ed ai miei blogs che qui sotto vedete, ho aperto questa Galleria virtuale per dare spazio all'arte di altri artisti. A tutto il marzo 2017 hanno esposto la loro arte su queste pagine virtuali 100 artisti con diverse espressioni artistiche: pittura, scultura, poesia, musica, fotografia ed altro
..e per ora mi fermo qui con un caloroso saluto a tutti quanti. Contattatemi come e quando volete: carla_colombo@libero.it

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lunedì 20 settembre 2010

LA PENNA DI KRILU' - ALCUNI RACCONTI

Mi rendo conto che nel virtuale tutto deve essere di impatto e di veloce visione, ma sfido questo modo di interpretare l'approccio e inserisco qui, in questa pagina tre racconti che Vi consiglio vivamente di leggere.
Continua dunque la personale di CARLA CASTELLANI con alcuni racconti estrappolati dalla presentazione di

CONCORSO
"VOCI DI DONNA - UN RACCONTO A 30 RIGHE

Anche in questa caso le immagini sono le stesse che Carla ha utilizzato per il suo sito.


LA BAMBOLA

Era solo una vecchia bambola con il corpo di stoffa imbottito di segatura e il visetto di cartapesta. Misera bambolina di una bambina povera, consumata dal tempo e dalle troppe carezze.
Già malandata, l’aveva trovata nel pacco dei vestiti smessi che di tanto in tanto arrivavano da parte di una zia benestante, a rimpinguare lo scarso guardaroba della famiglia. E quella bambola sciupata, ripudiata dalla sua cuginetta che certamente aveva di meglio con cui giocare, era apparsa ai suoi occhi come un tesoro prezioso.
Sua madre, dopo averla ripulita, le aveva sostituito lo sbrindellato abito di seta rosa, confezionandole un grazioso abitino di cotone a fiori con gli avanzi di un vecchio vestito, e aveva nascosto in una cuffietta celeste i pochi ciuffi di stoppa biondastra residuati dell’originaria capigliatura a boccoli. Poco o nulla invece aveva potuto fare per sistemare il naso             irrimediabilmente schiacciato, su un visetto su cui spiccavano immobili occhioni blu dalle lunghe ciglia disegnate. Ma che importava? A lei, che l’aveva amata fin dal primo sguardo, appariva bellissima.
Non ricordava di averle mai dato un nome, che un nome sarebbe forse servito a distinguerla fra altre bambole, ma lei non aveva altre bambole con cui confonderla.
Sua amatissima compagna di giochi, era secondo i casi la figlioletta per la quale preparava la pappa con intrugli di acqua, erbe e terra, la scolaretta a cui, fungendo da maestra, ripeteva le nozioni imparate a scuola, ma soprattutto era la sorellina che lei, figlia unica, avrebbe tanto desiderato avere. Era stata la muta confidente di tutti i crucci e di tutti i sogni della sua infanzia, e per tutta l’infanzia l’aveva accompagnata, consumandosi e sciupandosi sempre più.
E un giorno scomparve, insieme alla scatola che conteneva i suoi pochi balocchi.
Suo padre aveva deciso che era ormai troppo grande per giocare e aveva gettato tutto nella scarpata che in paese fungeva da discarica.
Ma lei … lei aveva soltanto undici anni!

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IL VIAGGIO

Te ne sei andata a dicembre.
Hai detto: “E’ giunto il tempo per me di lasciare il mio caldo nido. Devo provare a volare da sola.”
Ho annaspato in cerca di un appiglio, un breve, inutile rinvio: “Aspetta almeno che sia passato Natale …” ti ho supplicata.
“Vorrei - hai risposto - ma il mio amore è impaziente, e mi aspetta”.
Hai impacchettato un po’ delle tue cose, senza dimenticare, ovviamente, il piccolo cuscino piatto che fin da piccina ti ha accompagnata nel sonno, senza il quale non sai addormentarti.
Un lungo, convulso, silenzioso abbraccio ha segnato il distacco.
Furtivamente ti ho fatto scivolare in tasca la chiave di casa, che avevi lasciato sulla consolle dell’ingresso.                                                                                    
Trovandola, avrai certo compreso il mio tacito messaggio: “Questa sarà sempre la tua casa, il rifugio dove tornare, quando e se lo vorrai”.
A lungo sono rimasta a fissare il punto dove la tua vetturetta bianca è scomparsa, inghiottita dalla bruma invernale.
Oltre i vetri il mare mugghiava furioso, spiaggiando detriti.
Carica di aspettative, e forse un poco spaventata, tu iniziavi il tuo viaggio verso una vita autonoma.
Io, nella stanza ormai invasa dalle ombre della sera, rotte a tratti dalle luci intermittenti dell’albero di Natale, cercavo di metabolizzare il distacco, mentre continuavano a girarmi nella mente questi versi di Emily Dikinson:
“Non sapendo quando l'alba possa venire lascio aperta ogni porta, che abbia ali come un uccello oppure onde, come spiaggia …”
Spero con tutto il cuore che le tue giovani ali possano sostenere per sempre, sicuro e felice il tuo volo, ma … dal giorno che sei partita, non ho più messo il chiavistello alla porta.

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Racconto selezionato per la lettura pubblica
Concorso "Voci di donna - Un racconto in 30 righe" 2009
Comune di Ravenna Circoscrizione di Piangipane





IL SOGNO

Svegliati Ginetta!” La voce perentoria della nonna, oltrepassando le barriere del sonno, frantumava l’ultimo sogno, che si dissolveva come una bolla di sapone, mentre la luce che entrava dalle imposte spalancate con foga, le feriva gli occhi.
Quando a svegliarla era la mamma il risveglio era meno traumatico, ché lei la svegliava con un bisbiglio e una carezza lieve sui capelli, e delle imposte apriva appena uno spiraglio, permettendole di abituarsi con gradualità alla variazione di luce. Ma anche in questo caso il sogno svaniva, lasciandole la vaga sensazione di essere stata defraudata di qualcosa che le apparteneva.
Ah come avrebbe voluto, almeno una volta, potersi svegliare con calma, quando il sonno avesse compiuto il suo tempo e il sogno fosse giunto a termine. Ma anche i bambini, nell’economia della famiglia contadina, avevano ben precise mansioni da svolgere e non era permesso poltrire nel  letto
                                                                       
E tanti erano stati i sogni interrotti, nel corso della sua vita, come quando, ormai ragazza, a svegliarla non erano più le voci della nonna o della mamma, ma il rombo minaccioso dei bombardieri o il fragore delle bombe.
In seguito, a strapparla al sonno, era stato il pianto dei suoi bambini e poi, per molti anni, il trillo insistente della sveglia, ché l’aspettava il lavoro in fabbrica.
E’ di nuovo una voce umana ora, una voce maschile, bassa e autorevole, quella che sta cercando di violare la barriera del suo sonno: “Apri gli occhi Ginetta! Svegliati!”
“No! - vorrebbe rispondere lei - Lasciami dormire!”. Ma il grosso tubo che da alcuni giorni si perde dentro la sua gola le impedisce di parlare. Allora stringe con forza gli occhi e, con determinazione, si aggrappa al suo sogno: è un bel sogno, e stavolta non permetterà a nessuno di portarglielo via.
La voce finalmente tace e mentre i picchi del diagramma, sul monitor a capo del letto, si trasformano in una linea piatta, Ginetta continua ad avanzare verso la luce che illumina l’orizzonte, sulla verde prateria fiorita del suo ultimo sogno.

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Racconto selezionato per la lettura pubblica
Concorso "Voci di donna - Un racconto in 30 righe" 2010
Comune di Ravenna Circoscrizione di Piangipane



(dipinti prelevati da internet : Grenze , Russel, Picasso)  


...E NON FINISCE QUI...