Con il mese delle rose dedico la personale on-line all'amica poetessa-scrittrice
Patrizia Acerboni
che con la Sua "Rosa del cotton" e tanto altro accompagna queste mie pagine dedicate alla poesia dialettale del lac de Com (lago di Como) e quindi del mio dialetto, zona di Lecco e dintorni.
Patrizia scrive con passione e grazia dedicando i suoi versi a personaggi e tradizioni lariane, e sviscera alcuni aspetti che rendono tangibile un vivere dove le radici (intrinsiche nel nome del lago) diventano profonde e immortali.
Ho conosciuto Patrizia qualche anno fa a seguito della Sua partecipazione ai "Giochi di Liberetà" organizzati dallo SPI-CGIL di Lecco , nel quale da diversi anni ho il piacere e l'onore di organizzare la parte artistica ed espositiva nonchè membro di giuria.
Ricordo che, qualche anno fa, Patrizia venne notata da tutti noi subito con la poesia "La rosa del Coton" e si era aggiudicata meritatamente il premio di eccellenza con conseguente partecipazioni alle finali di Bormio.
Da quel momento i nostri contatti, seppur saltuari, si sono mantenuti nel tempo e l'anno scorso ad Aprica, sempre a seguito del suddetto concorso, Patrizia mi ha omaggiata della Sua prima raccolta di poesia "IO MI RACCONTO" che conservo gelosamente fra i volumi dei miei amici poeti e scrittori.
E' per me dunque un piacere rendere merito alla Sua "fatica letteraria" lasciando questo spazio tutto per Lei per l'intero mese di maggio.
Patrizia in visita alla mia mostra personale
"FIORI NEI FIORI" - febbraio 2013 - Airuno
Patrizia Acerboni
nasce a Bellano, sulla sponda orientale
del Lago di Como , il 14 dicembre 1956.
Terminate le scuole medie inferiori, frequenta un corso
veloce di segretariato d’'azienda e poi via a
lavorare.
Nel 1986 conosce Giorgio e sei mesi dopo sono già
sposi; l’'anno successivo nascono due gemelli
sani e vispi : Mario e Valentino.
Passano gli anni sempre mantenendo l'’impiego finchè, nel novembre 1999, un sasso
perso da un
camion che incrociava l’'auto del marito, lo colpisce alla
testa, dando il via ad un calvario per tutta
la famiglia che si concluderà nel gennaio 2005, quando
Giorgio raggiunge la pace eterna.
Proprio in quel tempo e a seguito di altre circostanze ecco
che Patrizia scopre il bisogno, forse una
necessità interiore, di dare libero sfogo a sentimenti che
spaziano dalla tristezza all’'allegria;
avere
fra le mani una tavolozza e decidere, di volta in volta, i
colori migliori.
Nel 2007, a Mandello
del Lario, viene organizzata la I edizione del Premio Letterario intitolato
a Maria Luisa Castagna e organizzato dall’'Associazione
Culturale "‘I amiis del dialett"’ a ricordo di
colei che rivestì la carica di Presidente.
Patrizia partecipa con la poesia - ‘I Agon del Lario’ - e nella
primavera 2008 è chiamata a ritirare
il
1° premio.
Nel 2009 con - ‘La Rosa del Coton’ - si aggiudica il 2° posto e
nel 2011,con - ‘Gioedì de gnocch’ - ecco
un 3° posto; si potrebbe definire ‘L’'escalation del gambero’
ma questo non le impedisce di andare
avanti, anzi è uno sprone a migliorarsi.
Nel 2012, per la prima volta, si cimenta anche con un
racconto breve - ‘I me gent, la mia famiglia’ - e
ottiene il 2° posto al quale si aggiunge anche il 2° posto
con la poesia - ‘Delirii d’'amoeur’.-
Con il racconto breve - ‘La letera’ - nel 2013 riesce a
spuntare ancora un gratificante 2° posto.
Nel 2012 Patrizia matura 'l’idea di realizzare una piccola
raccolta dei lavori fino a quel
momento
realizzati e a maggio 2013 esce con l’'opera prima ‘"MI RACCONTO"’,
dedicato a Chiara
Bariffi
( la giovane bellanese scomparsa anni fa
nelle acque del Lago di
Como e rinvenuta poi
nello
specchio di Dervio, con
la sua auto, nel settembre
2005), definendola la sua “triste e misteriosa
musa, la cui tragica conclusione della sua vita terrena, le fu fonte di ispirazione ”.
Questo modesto lavoro
ha goduto della recensione di Andrea Vitali e di Virna Dotti,
Presidente
dell’'Assocazione Culturale "‘I amiis del dialett"’.
Apre la raccolta la poesia in lingua ‘- A Chiara‘ - alla quale
fanno seguito otto poesie in
vernacolo
‘laghèe’ con relativa traduzione, per chiudere con ‘- Angeli
volontari’ - , poesia in lingua, dedicata
ai
Vigili del Fuoco del Distaccamento di Bellano.
Ogni poesia, suddivisa in capitoli, è introdotta da un breve
racconto esplicativo, da una dedica e da
schizzi mirati la cui esecuzione viene affidata al figlio
Mario e alla giovane nuora Lara.
Patrizia ha immaginato questa raccolta come il ‘trenino
rosso del Bernina’; stazione di
partenza il
suo cuore mentre il capolinea sarà il cuore di quanti le
faranno l'’onore di leggerla.
‘MI RACCONTO’ è in
vendita a Bellano presso la Cartoleria Pozzi di Monica Lazzari (telefono:
0341 820345) oppure scrivendo all’ indirizzo e-mail : patriziaacerboni@hotmail.it , per eventuali
informazioni.
Recentemente, pur prediligendo esprimersi nel dialetto
locale, Patrizia decide di comporre anche
brevi lavori in lingua e uno di questi‘ Amore, dolce veleno’
è riconosciuto apprezzabile dalla giuria
del Premio Letterario ‘Aurelio Goretti 2013’ di Lierna, segnalandolo come finalista.
Sul piano personale Patrizia ha tre passioni : cucinare,
lavorare a maglia e cercare funghi; le prime
due le definisce ‘rilassanti’ mentre la terza, decisamente ‘stancante’,
dona al corpo e allo spirito il
preludio a un dolce riposo.
eccoci AL LAGO DI POSCHIAVO con al centro il poeta Pierluigi CASIRAGHI
anche lui finalista al concorso finali di Aprica
durante la premiazione dei giochi di LIBERETA' (lei finalista del concorso sezione racconto, io finalista sezione pittura per la zona di Bergamo e componente giuria sezione di Lecco)
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la RACCOLTA di PATRIZIA ACERBONI
della quale mi ha fatto omaggio
durante la vacanza di APRICA anno 2013
"IO MI RACCONTO"
Così scrivono lo scrittore lariano Andrea Vitali
ALCUNE POESIE E RACCONTI
I AGON DEL
LARIO
Quand che la primavera la brascia sù l’està
sui riv l’'è tut un danas.
Lenze e retin a ciapà chi guizz.
Che
singular tenzone:
muscuii tirà a sedazzà l’'acqua,
brilen i esche, inviden con l’ingann chi adess l’è lì
ma po’? …
Mantel d’argent e ciaror de luna se messcen, complici,
in mezz a la spuma
che sbatt cuntra la riva.
Picui saltei e maliziose giravolte par che disan:
“Oh pescador pazienta, vegnarò su la tua taula ma prima
lasum el temp per rinuà la vita”.
Al mio papà Mario, abile
cacciatore che, per amor mio, seppe
vincere la sua naturale riluttanza per il lago, accompagnandomi
con infinita pazienza ogniqualvolta gliene facevo richiesta.
AGONI DEL LARIO
Allorché la
primavera abbraccia l’estate
è tutto un brulicar sulle rive.
Lenze e retini a catturar quei guizzi.
Qual singolar tenzone :
muscoli contratti a
setacciar le acque,
brillano le esche, invitano con l’inganno chi ora è lì
ma poi? …
Argenteo manto e chiaror di luna si fondono,complici,
in mezzo alla spuma che sbatte contro la riva.
Piccoli balzi e maliziose giravolte par dicano:
“Oh pescator pazienta, arriverò alla tua tavola ma prima
lasciami il tempo per rinnovar la vita".
LA ROSA
DEL COTON
Oh gent,
cumè l’è brut vegniì vecc!
Vo foo a fa
la spesa e quant so lì, denanz al
macelar,
me regordi
minga se g’ho de crompà.
De
tosa lauravi al
Coton,
andavi innanz e
indree de Fumlacc a Belan
con un
tocch de bicicleta che ’l mera metuu insem
el me papà…
e
adess perché foo el
cafè senza meteg l’acqua?
Vardi el me Ginu
indormentaa sul divan,
e me ve in
ment el
dì che sem scambià el prim basin
sul porton
del Coton…
coma
foo a desmentegas de cromprà el pan?
Ho metuu al
mont quater tosan
el Coton l’era
ormai lontan;
el
Ginu el
cercava el mascc …
me regordi
per fil e per segn ogni virgola di chi
mument
e la facia
smorta del me om ch’el diseva :
la sarà per
la prosima volta…
coma
foo a lasà pizz el gas?
La mia tosa
magiora l’ha m’ha menà
dal specialista,
el m’ha vardà de
sot e de sora, in scià e in là;
ala fin de
la fera l’ha di che g’ho … boh una parola
tudesca
che me regordi doma che la comenza con la A.
Adess so
chi denanz al Coton
ma de
telar, aspi e ball gnanca l’ombria,
minga un
operari o ’l
portinar de domandac,
doma quater
fioo che giuga al balon…
e
adess ‘me faroo senza la mia bicicleta?
Alla mia
amica e consigliera Giuliana De Col che
trascorse la sua vita sui telai del
Coton e
che ci ha
lasciati il 16 gennaio 2012, spegnendosi serenamente.
A quanti invece soffrono di questa tremenda
malattia e ai loro famigliari, inevitabilmente
coinvolti
in una spirale che solo la morte può fermare.
LA ROSA DEL
COTONIFICIO
Oh gente,
com'’è brutto invecchiare!
Esco a far
la spesa e quando sono lì, davanti al macellaio,
non mi
ricordo cosa devo comperare.
Da ragazza
lavoravo al Cotonificio,
andavo
avanti e indietro da Fiumelatte a Bellano
con un
pezzo di bicicletta che mi aveva messo insieme
il mio papà
…
e adesso
perché faccio il caffè senza metterci l’'acqua?
Guardo il
mio Gino addormentato sul divano,
e mi viene
in mente il giorno che ci siamo scambiati il primo bacio
sul portone
del Cotonificio …
come faccio
a dimenticarmi di comperare il pane?
Ho messo al
mondo quattro ragazze
il
Cotonificio era ormai lontano;
il Gino
cercava il maschio …
mi ricordo
per filo e per segno ogni virgola di quei momenti
e la faccia
pallida di mio marito che diceva:
sarà per la
prossima volta …
come faccio
a lasciare acceso il gas?
Mia figlia
maggiore mi ha portato dallo specialista,
mi ha
guardata di sotto e di sopra, di qua e di là;
alla fine
ha detto che ho … boh una parola
tedesca che
mi ricordo solo che comincia con la A.
Adesso son
qui davanti al Cotonificio
ma di
telai, aspi e balle neanche l’'ombra,
non un
operaio o il portinaio per domandare,
solo
quattro ragazzi che giocano al pallone…
e adesso
come farò senza la mia bicicletta?
GIOEDI’ DE GNOCCH
Al caldin, sota i
coert a sognà
quaicoss de bel,
“ sarem i occ e vedem
se sucet “ me disi …..
La mia nona in cùsina a pelà patati e
mi a vardà giò da la finestra
la gent che pasa in mezz
ai banchett del mercà
…..
Chi che crompa, chi
che ciciara,
quel che incanta “ vegnì
scià donn che ghe l’ho mi el formacc
bon”.
Schiscia l’occ el
soo al lac sornion…..
me piass vardà la mia nona coi man pien de farina
intant che me pasa giò
l’acquolina …..
D’un tratt, scur in cùsina intant che bofa un’aria malandrina,
sparis d’improvis
el soo, el lac
el se fa minacios …..
“L’è scià el menasin, curem, curem a cà” vosen
i donn
fra i banchett
del mercà.
Dal buss de Menas
un sinistro ciaror lasa intend negot de bon.
Des minut de pagura …..
Rodelen i pomm e l’insalata di frutiroo,
se inversen i ombrei di banchett, volen i
sotan e i
brach di mercant,
doma i
borei de formacc bon
i resta al
sò post.
Dal ciel piancc acqua
gelada che te bagna i oss
e te leva
el fiaa.
Menasin sfogaa
e soo che
torna e tuti
el basa…..
Tuta sudada e stremida me desedi
“ ma l’è doma un sogn ” me disi…..
profum de salvia che rostiss nel buter bon,
ma alora i gnocch i è minga un sogn!
Alla mia nonna materna Angiolina, autentica massaia di
tempi lontani
che partiva ogni giovedì di buon ora, con la sportina fatta di castagne
secche infilate sullo
spago, a comperare le
patate buone per
fare
gnocchi superlativi.
GIOVEDI’ DI GNOCCHI
Al calduccio, sotto le coperte a sognare qualcosa di bello,
“chiudiamo gli occhi e vediamo cosa succede” mi dico …
La mia nonna in cucina a pelare patate e io a guardar giù
dalla finestra
la gente che passa in mezzo ai banchetti del mercato …
Chi compera, chi chiacchiera,
quello che incanta “venite qui donne che l’'ho io il
formaggio buono”.
Schiaccia l'’occhio il sole al lago sornione …
mi piace guardare la mia nonna con le mani piene di farina
intanto che mi passa giù l’'acquolina …
D’'un tratto scuro in cucina intanto che soffia un’aria
malandrina,
sparisce d’'improvviso il sole, il lago si fa minaccioso …
“Sta arrivando il menaggino, corriamo, corriamo a casa”
gridano le donne
fra i banchetti del mercato.
Dal buco di Menaggio un sinistro chiarore lascia intendere
niente di buono.
Dieci minuti di paura …
Rotolano le mele e l'’insalata dei fruttivendoli,
si rovesciano gli ombrelloni dei banchetti, volano le gonne
e i pantaloni dei mercanti,
solo le forme di formaggio buono restano al loro posto.
Dal cielo piange acqua gelata che ti bagna le ossa e ti
toglie il fiato.
Menaggino sfogato e sole che torna e tutti bacia …
Tutta sudata e spaventata mi
sveglio
“ma è solo un sogno” mi dico …
profumo di salvia che arrostisce
nel burro buono,
ma allora gli gnocchi non sono un
sogno!
I ME GENT, LA MIA FAMIGLIA
Incoeu l’è propi una giurnada de noembre; foo da la
finestra doma un lac
indormentaa che se sconfont
con la nebia che scont i montagn de l’oltra sponda. I ram biott
di platani, sul vial,
someien a tanti man
in cerca de elemosina : “sole, sole Signore, dacci un po’ di
sole” par che disan.
Macchè soo! Dal ciel
pianc quel’acqueta che se ved minga
ma che la se sent in di oss. Brr, che frecc!
Al caldin ne la mia cuccia molesina presti oregia al
silenzio : tass el merlo e gnanca
i passer g’han voia
de cipà; me manca
el vers strident di
gabian e anca i anedr i fà scena muta. Oh Madona,
sarò minga
diventada anca storna;
mancàress oltro dopo la catarata, i dencc che bala, i genocc che se incruscia.
L’è anca vera che voo per
i quindes ‘primavere’ come i
e ciama la mia padrona, o
mei, la mia mama.
La mia mama …. l’ha ma menà a cà
una bela giurnada de metà
lui; gh’eri duu mess
apena apena e
tanta pagura, ma l’è stada la mia fortuna. El soo omm, el me
papà, el m’ha ciapà in brascc, el m’ha pogià
sul coeur; oh, quel tic-tac l’era mei de ‘na ninna-nanna.
Un gran trambust, me
desedi con quater occ che lusìss pùntaa su de mì.
“Mamma, oh grazie mamma
è tanto bello e tanto piccolo… come lo chiameremo?” cìpen in coro duu
fiulett.
“Ragazzi, è una femminuccia e, se siete d’accordo, la chiameremo Bella, ma ora lasciamola tranquilla;
è stanca e
disorientata e voi dovete fare i compiti. Mettiamola
nella cuccia e
vedrete che sarà lei a
cercarci”.
El papà su l’otomana col giurnal in man, la mama in cusina a
spadelà e i duu ‘barabba’ a studià.
Ghe vori un
ben de l’anima anca
se adess i è giuinott e ghe manca el temp de giugà con
mi; i g’ha la
morosa e l’è tuta un’oltra storia.
Pasa un quai ann e un dì … un prèvet, quater
figur vestii de
scur, ‘na mota de gent che brascia e basa
la mia mama coi occ
ross e lustri e col pànet
del nas in
man; la piancc la mia mama, voo in gir per cà
a cercà el papà… quaidun
me ciapa in
brascc, el vedi, in
un scatolon pien de pizz,
vestii de la festa
con la sua bela facia semper soridenta; el dorma, lasemel
posà.
Vòlen i setiman e dopo
sett o vott mess un bel dì
comparis una bala bianca col muus mezz ciar e mezz
scur; Polpetta, che
razza de
nom per un can, l’è
stremida e la trema de pagùra propi compagn de mì
tanti ann prima.
Difìdi de quela cagnina che sguagniss
ma me se strenc el couer e diventom amiise nel
gir de poch temp.
Fracass de gerosii
che se derviss, se illumina la
stanza, via la nebia, el lac el ghigna sornion intant che
merli, passer, anedr e gabian saluden el dì che riva.
“Sveglia pigrone” ciama la mama “andiamo in cucina per il
biscottino del buongiorno e poi a svegliare
i due ‘barabba’ dormiglioni”.
Capisi minga se l’è staa doma un sogn ma ghe voreva un dì
malinconic de noembre a regordam quanto
ben vori ai mè gent e
tutt l’amor che i è stà bon de damm, ogniun a la soo manera.
Adess via de corsa, se fa per dì, a ciapà el biscott prima
de la Polpetta.
LA MIA GENTE, LA MIA FAMIGLIA
Oggi è proprio una giornata di novembre; fuori dalla finestra solo un lago addormentato che si confonde
con la nebbia che nasconde le montagne dell’'altra sponda. I rami spogli dei platani , sul viale, sembrano
tante mani in cerca di elemosina : “sole, sole Signore,
dacci un po’ di sole” par che dicano.
Macchè sole! Dal cielo piange quell’'acquetta che non si vede
ma che si sente nelle ossa. Brrr, che freddo!
Al calduccio nella mia cuccia morbida presto orecchio al
silenzio: tace il merlo e nemmeno i
passeri han
voglia di cipare; mi manca il verso stridente dei gabbiani e
anche le anatre fanno scena muta.
Oh Madonna, non sarò diventata anche sorda; ci mancherebbe
altro dopo la cataratta, i denti che
ballano,
le ginocchia che si piegano.
E’ pur vero che vado per le quindici ‘primavere’ come le
chiama la mia padrona, o meglio la mia mamma.
La mia mamma … mi ha portata a casa una bella giornata di
metà luglio; avevo due mesi appena appena
e
tanta paura, ma è stata la mia fortuna. Suo marito, il mio
papà, m’ha presa in braccio, mi ha appoggiata sul
cuore; oh, quel tic-tac era meglio di una ninna-nanna.
Un gran trambusto, mi sveglio con quattro occhi che
luccicano puntati su di me.
“Mamma, oh grazie mamma è tanto bello e tanto piccolo… come
lo chiameremo?” dicono in coro due
bambini.
“Ragazzi, è una femminuccia e, se siete d'’accordo, la
chiameremo Bella, ma ora lasciamola tranquilla;
è stanca e disorientata e voi dovete fare i compiti.
Mettiamola nella cuccia e vedrete che sarà lei a cercarci”.
Il papà sul divano con il giornale in mano, la mamma in
cucina a spadellare e i due ‘barabba’ a studiare.
Gli voglio un bene dell’'anima anche se adesso sono due
giovanotti e non hanno più tempo per giocare con
me; hanno la ragazza ed è tutta un’'altra storia.
Passa qualche anno e un giorno … un prete,quattro figure
vestite di scuro tanta gente che abbraccia e bacia
la mia mamma con gli occhi rossi e lucidi e con il
fazzoletto da naso in mano; piange la
mia mamma, giro
per casa a cercare il papà … qualcuno mi prende in
braccio',lo vedo,'in uno scatolone pieno di pizzi, vestito
a festa con la sua bella faccia sempre sorridente; dorme, lasciamolo
riposare.
Volano le settimane e dopo sette o otto mesi compare una
palla bianca con il muso mezzo chiaro e mezzo
scuro; Polpetta, che strano nome per un cane, è spaventata e
trema di paura proprio come me tanti anni fa.
Diffido di quella cagnolina che guaisce ma mi si stringe il
cuore e diventiamo amiche nel giro di poco
tempo.
Rumore di persiane che si aprono, si illumina la stanza, via
la nebbia, il lago sorride sornione intanto che
merli, passeri, anatre e gabbiani salutano il giorno che
arriva.
“Sveglia pigrone” chiama la mamma “andiamo in cucina per il
biscottino del buongiorno e poi a svegliare
i due ‘barabba’ dormiglioni”.
Non capisco se è stato solo un sogno ma ci voleva un giorno
malinconico di novembre a ricordarmi quanto
bene voglio alla mia famiglia e tutto l’'amore che sono stati
capaci di darmi ognuno a modo suo.
Adesso via di corsa, si fa per dire, a prendere il biscotto
prima della Polpetta.
DELIRII D'’AMOEUR
Sul
taol el lapis e ‘n tocch de notes i me varda
malament …
dal
cifòn, in mezz a ‘na mota de berlafuss, un viss d’angel
me surid.
Vooia
la ment e anca el coeur,
me
manca la rima e i parol de dichiarà el me amoeur.
Sò
stracch, sò stuff, en poodi poeu…
comoda
l’otomana, l’invida a posà
el
bicer de ross el farà el rest.
Quanti
parol me bala denanz,
corr
el lapis su quela poca carta …
gnanca
el temp de resonà.
Pàsa
la man su la carne bianca che me varda dal cifòn
e
perdi la reson.
Angelica
l’è el so nom
…
g’ho
de cercala in sposa
quela bela tosa
dai
cavei biond e i occ celest.
Infili
la braga e giò de corsa per la contrada
… sperem de troala.
Campan
che sona la Dirlindana,
l’è
scià la nocc…
vooi
el stomecch, rangòla i busecch…
ma
l’amoeur l’è propri quest ?
Al
grande popolo degli innamorati, a coloro
che lo furono
per
risvegliarne le memorie e a quanti lo sono o lo saranno
perché
non c’è mondo, non
c’è vita senza amore.
DELIRI D’'AMORE
Sul tavolo una matita e un pezzo di carta mi guardano in malo modo …
dal comodino, in mezzo a un mucchio di cianfrusaglie, un
viso d’'angelo mi sorride.
Vuota la mente e anche il cuore,
mi manca la rima e le parole per dichiarare il mio amore.
Sono stanco, sono stufo, non ne posso più …
comodo il divano, invita a riposare
il bicchiere di rosso farà il resto.
Quante parole mi danzano davanti,
corre la matita su quella poca carta …
neanche il tempo per ragionare.
Passa la mano sulla carne bianca che mi guarda dal comodino
e perdo la ragione.
Angelica è il suo nome …
devo chiederla in sposa quella bella ragazza
dai capelli biondi e gli occhi azzurri.
Infilo i pantaloni e giù di corsa per la contrada
… speriamo di trovarla.
Campane che suonano la
Dirlindana,
arriva la notte …
vuoto lo stomaco, brontola la pancia …
ma l’'amore è proprio questo?
A Chiara
Veloce correva la vita ……
Lui era lì, pronto ad accoglierti
con un gelido abbraccio
nei suoi abissi
misteriosi ed imperscrutabili.
Di chi la mano che fece tanto ?
Il tuo grido d'’aiuto, cavalcando le onde,
ha
varcato la soglia del comprensibile
ed ora non più contorte lamiere per il tuo sepolcro.
All’'ombra di quel cipresso lo rivedrai quel lago,
a volte calmo come olio a volte furioso
e col calar della sera le mille luci
che lo adornano
scalderanno
il cuore di chi mai smise di cercarti.
Oltre le verità, è Lui il
testimone indiscusso e silenzioso
di ciò che fu.
A
noi la certezza di averti ritrovata.
Ai famigliari di Chiara e a tutti coloro che non potranno mai dare
un senso al loro profondo dolore.
ANGELI VOLONTARI
L’urlo della sirena a lacerar la notte
ne
interrompe il giusto riposo.
Un balzo, un
battito d'’ali e son pronti.
Incendio,
frana, incidente …
non conoscono ostacoli.
Batte forte
il cuore e gli sguardi s’incrociano
in un muto
parlare “ Ce la faremo ! “.
Accordi
frenetici : ogni attimo è vita.
Gesti decisi,
studiati non lasciano spazio
all’'improvvisato
e, quando tutto è cessato …
volti stanchi
ma illuminati e labbra increspate
in una
lacrima di sorriso.
Riuniti al
desco a ricordar le storie di mille e mille fatti;
preziosi
consigli a chi ancora esperienza non ha.
Saggezza,
abnegazione, solidarietà ed amicizia
ad alimentar
l'’unica fiamma che brucia in caserma.
Ai Vigili
del Fuoco del distaccamento
di Bellano, nell’augurio unanime
di non dover
mai ricorrere al loro intervento, ben consapevoli di poter fare
affidamento in
ogni momento e situazione.
AMORE, DOLCE VELENO
Amore, dolce veleno …
si insinua ovunque, ti scuote le membra
ti solleva l'’anima fino a toccare le stelle lontane
ti sprofonda nell’'oblio fatto d'’immenso …
Amore, dolce veleno …
mai stanco, ti abbraccia
ti ridona il respiro a lungo sospeso
ti riporta alla vita appesa a un filo …
Apri gli occhi velati, straniti
attraversati da mondi lontani …
e vuoi ancora
anche solo una goccia di quel dolce veleno.
Tutte queste poesie ed altre, accompagnate da disegni - schizzi di Lara e Mario (nuora e figlio) sono presenti nella raccolta di poesie "IO MI RACCONTO"
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Tutte queste poesie ed altre, accompagnate da disegni - schizzi di Lara e Mario (nuora e figlio) sono presenti nella raccolta di poesie "IO MI RACCONTO"
La raccolta è in vendita a Bellano presso la Cartoleria Pozzi di Monica Lazzari
RECAPITI DI PATRIZIA ACERBONI :
- TEL 0341 820345
e-mail : patriziaacerboni@hotmail.it
VI RINGRAZIO sin d'ora dell'attenzione che vorrete riservare alla mia quasi compaesana ed amica, ma priama di chiudere la personale e dare spazio ai Vostri eventuali commenti, mi piace l'idea di postare qualche immagine della cittadina di Bellano. che ricordo sempre con molto affetto. Ho avuto modo di trasccorere delle brevi vacanze all'età di 15-16 anni nella frazione di Lezzeno, sopra Bellano. Spesso scendevo dalla scalinata antica che dal Santuario di Lezzeno porta al lago per gustarmi il sole e la brezza delle acque del lago. Bellano. città del Grossi. offre al visitatore vicoli caratteristici, il famoso "Orrido", senza dimenticare chiese e monumenti. E che dire poi di una navigazione sul lago magari accompagnata da un buon pesce di lago cucinato proprio sulle acque?